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Prezzi in autostrada: un problema vecchio ma ancora attuale

Bar autostradali e i prezzi in autostrada: un problema vecchio ma ancora attuale
Negli ultimi mesi si è tornato a parlare dei prezzi dei bar in autostrada, in particolare delle catene più conosciute.
Tra notizie, servizi televisivi e articoli, si è discusso molto dei costi alti di caffè, panini e snack.
In realtà, chi viaggia spesso sa bene che i bar autostradali sono sempre stati più cari rispetto a quelli di città o di paese.
Non è una novità, ma una realtà che esiste da anni e che oggi, con i rincari generali, si fa sentire ancora di più.
Prezzi sempre alti e poco equilibrio
Non si tratta più di aumenti legati alle materie prime, ma di un sistema che applica prezzi fuori mercato da sempre.
Un semplice caffè o una bottiglietta d’acqua possono costare quasi il doppio.
E chi si ferma non ha alternative: è in viaggio, deve fare una pausa, e si trova costretto ad accettare il prezzo che trova.
Quest’estate, probabilmente, non c’erano troppi altri argomenti da trattare, e così tv e giornali hanno “riscoperto” il tema.  Ma è un argomento serio, che va approfondito, non solo commentato.
La mia esperienza personale
Io parlo da chi l’autostrada la vive davvero, quasi ogni settimana.
Mi fermo spesso per un caffè  e vedo con i miei occhi un cambiamento nelle abitudini delle persone.
Sempre più spesso noto famiglie e viaggiatori che si fermano nei parcheggi a mangiare ciò che si sono portati da casa .
Un panino, un’insalata, una bevanda: il tutto preparato da loro.
È un segnale chiaro, la gente non accetta più certi prezzi, e sta cambiando modo di viaggiare e di consumare.
Certo, magari un caffè lo prendi lo stesso, ma il resto te lo porti da casa.
Gli bar autostradali come bazar del Made in Italy
Un’altra cosa che mi ha sempre colpita è la quantità di prodotti in vendita nei bar autostradali.
Non solo panini o snack, ma anche pasta, olio, sughi, salumi, formaggi, caffè…
Sembrano quasi dei piccoli bazaar di prodotti italiani, pensati per attirare l’attenzione del viaggiatore e invogliarlo ad acquistare qualcosa.
Da un lato è bello vedere tanto Made in Italy, ma dall’altro è un modo per confondere il consumatore, portandolo a fermarsi più a lungo e spendere di più, spesso senza accorgersene.
Il lato nascosto: personale e qualità del servizio
Durante un programma andato in onda su Rai 1, si è parlato anche di come vengono trattati i dipendenti e conservati gli alimenti.
Pare che il personale sia spesso sotto pressione per via dei ritmi intensi di lavoro, e che la gestione dei cibi non sia sempre conforme alle regole igieniche.
Una riflessione importante, perché dietro le grandi insegne ci sono persone che lavorano tanto, spesso senza la giusta tutela.
E la cosa che mi fa pensare di più è questa: noi piccoli commercianti siamo continuamente soggetti a controlli, sanzioni e mille regole, mentre i grandi colossi sembrano godere di agevolazioni e sostegni.
Una disparità che pesa, soprattutto per chi ogni giorno cerca di lavorare onestamente e mantenere standard di qualità alti.
Conclusione
I bar autostradali restano un punto di riferimento per chi viaggia, ma non possono diventare simbolo di squilibrio e disuguaglianza.
Pagare il giusto per un caffè o un panino non dovrebbe essere un privilegio.
E se la gente inizia a preferire un pasto portato da casa, forse è un segnale forte: non è solo questione di prezzo, ma di fiducia.
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Aumenti nel settore bakery

Aumenti nel settore Bakery: quando i rincari cambiano i cataloghi e mettono in crisi rivenditori e clienti
Ne abbiamo già parlato nell’articolo precedente sugli aumenti dei prezzi, ma eccomi di nuovo qui.
Questa settimana ho ricevuto una mail da un fornitore: purtroppo gli aumenti continuano, in particolare sui prodotti che contengono frutta secca e piccoli frutti.
Il risultato? Anche il mondo del Bakery subisce rincari irragionevoli e importanti, al punto che alcune aziende sono costrette a smettere di produrre certi articoli, cambiando completamente il proprio catalogo.
Quando un aumento toglie un prodotto dal mercato
Non si tratta solo di variazioni di listino. A volte i costi così alti portano a eliminare dal catalogo prodotti che potevano essere un vero punto di forza per l’azienda.
Questo crea una catena di difficoltà:
il produttore perde un potenziale “diamante” del suo assortimento,
il distributore si trova in crisi perché puntava su quei prodotti,
il cliente finale si ritrova senza ciò che amava e perde fiducia.
Un effetto domino che porta discontinuità, cataloghi che cambiano di continuo e clienti sempre più disorientati.
La difficoltà dei rivenditori
Parlo da chi vive questa situazione in prima persona, dalla parte del rivenditore.
Ogni volta che un prodotto sparisce, sono costretta a cambiare fornitore e a cercare nuove alternative, sempre cercando di mantenere alta la qualità. Ma il rischio è concreto: perdere la giusta sinergia con i clienti. Se un barista non trova più quel dolce tanto apprezzato e si limita a dire “non c’è più”, la responsabilità ricade sul rivenditore.
E io, che sono abituata a sentirmi dire “Signora, i suoi dolci sono buonissimi!”, potrei trovarmi davanti a un cliente deluso che mi chiede: “Perché non ci sono più quei prodotti?”
Come affrontare questi momenti?
La domanda rimane aperta: cosa possiamo fare?
Subire in silenzio non è la soluzione. Forse servono nuove strategie comuni tra produttori, distributori e rivenditori per garantire continuità, qualità e soprattutto fiducia al cliente finale.
Perché senza fiducia, il rischio è che il consumatore cambi bar, negozio o fornitore. E questo sarebbe un danno ancora più grande del semplice aumento di prezzo.
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Caffè in Italia: da simbolo nazionale a lusso quotidiano?

Caffè in Italia: da simbolo nazionale a lusso quotidiano?
Il caffè è da sempre la pausa preferita per noi italiani. Un rito che unisce, che scandisce le giornate e che rappresenta l’Italia nel mondo. Ma negli ultimi mesi questo simbolo nazionale è diventato anche il protagonista di una nuova polemica: i prezzi alle stelle.
L’aumento del caffè dal 2024 al 2025
A fine 2024, mentre i listini di tanti prodotti variavano continuamente, il caffè ha subito un vero e proprio scossone. Tra ottobre e dicembre i prezzi sono aumentati del 30%.
Così, nel giro di pochi mesi, siamo passati dal caffè a €1.00 al banco a €1.30. Poi è arrivata la lenta ma costante salita: €1.40, €1.50, fino a cifre ancora più alte nelle zone turistiche, dove i rincari si sentono ancora di più.
Un rito che diventa un lusso
Non c’è pace per noi italiani: dal 2020 viviamo in un continuo ciclo di crisi, rincari e aumenti che toccano ogni settore. Ora anche il caffè – simbolo della nostra cultura e del Made in Italy – rischia di diventare un lusso.
I giornali, i telegiornali e i social parlano continuamente di aumenti, ma la domanda resta: dobbiamo solo subire?
I costi fissi e la qualità del Made in Italy
Le aziende si giustificano con i costi fissi sempre più alti, ma il rischio è che, per rimanere a galla, si arrivi a sacrificare la qualità delle materie prime.
E questo significherebbe snaturare un prodotto che ha fatto la storia dell’Italia nel mondo.
Se davvero il caffè italiano perde qualità, cosa ne resterà della nostra immagine all’estero?
Conclusione: che futuro avrà il caffè italiano?
Dal 2020 ad oggi siamo diventati vittime di un sistema che trasforma in lusso anche le abitudini più semplici. Il caffè, che per noi era orgoglio e quotidianità, oggi rischia di essere ricordato come l’ennesimo simbolo colpito da rincari e instabilità.
E allora la domanda è semplice: vogliamo continuare a subire o trovare un modo per difendere la nostra identità e il nostro Made in Italy?
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Estate 2025: caldo, follie e prezzi alle stelle

Siamo ormai al termine di questa estate 2025: un’estate calda, imprevedibile e, per certi versi, “pazza”. Non solo per le condizioni climatiche, ma anche per l’altalena di prezzi che ha messo in difficoltà cittadini e imprese.

In che direzione stiamo andando? Dove arriveremo?

Le aziende italiane, soprattutto quelle di dimensioni medio-piccole, fanno fatica a stare in piedi. I listini cambiano di continuo, generando confusione e sfiducia. Capita sempre più spesso di comprare un prodotto a un prezzo e, il mese successivo, ritrovarlo aumentato. Anche di poco, certo, ma con una frequenza che lascia perplessi.

A me, per esempio, è capitato di pagare un caffè al bar €1,40 e, dopo un mese, €1,50. Seduti al tavolo? €2,50. Un dettaglio? Forse. Ma è solo la punta dell’iceberg.

Prezzi folli, esempi concreti

Quest’estate non sono mancati episodi eclatanti che hanno fatto discutere:

€20 per due coni gelato.

€80 al giorno per due lettini e uno sdraio in spiaggia.

Brioches con sovrapprezzo se tagliate a metà.

Un bar che introduce la mancia obbligatoria del 5%.

Un altro che torna al baratto come forma di “resistenza creativa”.

I giornali, le televisioni e i social hanno amplificato ogni storia, trasformando i rincari in spettacolo. Ma dietro queste cronache c’è una verità più amara: le imprese dicono di non farcela più, i costi fissi aumentano e la risposta è inevitabilmente alzare i prezzi.

Ma i consumatori?
C’è un grande assente in questo dibattito: il consumatore.
Gli stipendi restano fermi, mentre le spese continuano a crescere. Così, ogni aumento si traduce in rinunce, piccoli e grandi sacrifici quotidiani. Ma quanto ancora si può reggere questa situazione?

Dal pre-Covid a oggi
Prima del Covid, gli aumenti dei listini erano relativamente contenuti: uno all’anno, a volte ogni due, con percentuali tra il 2% e il 5%.
Poi sono arrivati pandemia, guerra, dazi e crisi energetica. Tra il 2020 e il 2022 le materie prime, le bollette e i carburanti hanno spinto i prezzi alle stelle, senza stabilità. Nel 2023 c’è stata una breve tregua, ma già nel 2024 cioccolato e caffè hanno registrato rincari fino al 30%.

Il 2025 era iniziato con maggiore calma, ma il meccanismo degli aumenti si è rimesso in moto. Ora, a tre mesi dalla fine dell’anno, è già annunciata una nuova ondata di rincari da ottobre.

La domanda che resta
Se le aziende continuano ad aumentare i prezzi e i consumatori non hanno margini per reggere, qual è il futuro del mercato italiano?
Chi troverà il bandolo della matassa per riportare stabilità?
La sfida non è più solo economica, ma sociale: perché quando il caffè al bar diventa un lusso, significa che qualcosa di profondo si è incrinato.

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Il Mercato Food & Beverage nel 2025

Il Mercato Food & Beverage nel 2025: Una Trasformazione in Corso

Il settore alimentare italiano sta attraversando una fase di profonda metamorfosi nel 2025, con dinamiche di mercato che richiedono una nuova interpretazione del concetto di qualità e specializzazione. In questo scenario complesso, emerge con chiarezza come le sfide attuali stiano ridisegnando il panorama competitivo del food & beverage, specialmente nel segmento premium. I primi mesi del 2025 hanno evidenziato una realtà in rapida trasformazione. Il mercato food & beverage italiano, tradizionalmente caratterizzato da un’elevata specializzazione e professionalità, sta affrontando cambiamenti significativi nelle dinamiche competitive e nelle esigenze dei consumatori. La domanda si sta evolvendo in direzioni inedite, richiedendo agli operatori del settore una capacità di adattamento senza precedenti.In questo contesto, Mangify si distingue nel panorama del food & beverage italiano grazie a un approccio fondato sulla profonda specializzazione e sulla ricerca costante dell’eccellenza. L’azienda ha costruito la propria identità attorno a una filosofia che privilegia la qualità e la personalizzazione del servizio, ponendosi come punto di riferimento per un segmento di mercato che ricerca prodotti di alta gamma.Il settore sta assistendo a una trasformazione significativa delle strategie competitive. Sempre più aziende, anche quelle tradizionalmente focalizzate su altri segmenti del food & beverage, stanno cercando di diversificare la propria offerta, entrando in nicchie di mercato già consolidate. Questa tendenza ha portato a una saturazione di alcuni segmenti, con ripercussioni sulla qualità complessiva dell’offerta e sulla professionalità del settore. La proliferazione di operatori non specializzati sta generando una crescente confusione nel mercato, con conseguenze significative sulla distribuzione dei prodotti e sulla percezione del valore da parte dei consumatori. Si assiste a una progressiva erosione degli standard professionali, con una diminuzione della presenza di specialisti del settore e un’intensificazione della competizione basata principalmente sul prezzo piuttosto che sulla qualità.In risposta a queste sfide, Mangify ha scelto di rafforzare ulteriormente il proprio posizionamento distintivo. L’azienda osserva con interesse come i competitor più grandi stiano cercando di replicare i suoi prodotti di successo, interpretando questo fenomeno come una conferma della validità del proprio approccio. Anziché cedere alla tentazione di una diversificazione generalista, Mangify ha deciso di investire ulteriormente nella specializzazione e nell’innalzamento degli standard qualitativi. La strategia di Mangify per il 2025 si basa su un delicato equilibrio tra innovazione e tradizione. L’azienda continua a sviluppare nuovi prodotti e promozioni mirate, mantenendo sempre fermo il focus sulla qualità e sulla specializzazione che l’hanno resa un punto di riferimento nel settore. Questo approccio permette di rispondere alle nuove esigenze del mercato senza compromettere l’identità e i valori fondamentali dell’azienda.Il futuro del mercato food & beverage italiano si presenta ricco di sfide ma anche di opportunità per chi saprà interpretare correttamente le dinamiche in atto. La vera expertise nel settore alimentare, quella che deriva da anni di specializzazione e dedizione costante, non può essere facilmente replicata da chi punta esclusivamente sulla diversificazione del catalogo.In questo senso, la pressione competitiva attuale può trasformarsi in un’opportunità per le aziende che, come Mangify, hanno fatto della qualità e della specializzazione il proprio tratto distintivo. La sfida per il futuro sarà quella di continuare a innovare mantenendo saldi i principi di qualità e professionalità che hanno sempre caratterizzato il mercato food & beverage italiano di alta gamma. Solo attraverso un impegno costante nella ricerca dell’eccellenza sarà possibile non solo sopravvivere, ma prosperare in un mercato sempre più competitivo e complesso.

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Richiamo dei prodotti alimentari: perché i supermercati stanno ritirando sempre più prodotti?

Negli ultimi tempi, il numero di richiami di prodotti alimentari sugli scaffali dei supermercati è aumentato drasticamente. Contaminazioni, errori di etichettatura e problemi nella produzione sono solo alcune delle cause principali. Ma cosa sta succedendo realmente? E quali sono i rischi per i consumatori?

Perché ci sono così tanti richiami alimentari?

Uno dei principali motivi alla base di questo fenomeno è la crescente pressione del mercato. La domanda di prodotti alimentari è in costante aumento e molte aziende fanno fatica a tenere il passo.

Per soddisfare le richieste, le imprese spesso accelerano i processi produttivi. Questo porta a un inevitabile compromesso: saltare alcune fasi fondamentali della produzione, con conseguenze gravi sulla qualità e la sicurezza del prodotto.

Errori comuni che portano ai richiami includono:

Contaminazioni batteriche (come Salmonella o Listeria).

Etichettature errate (ad esempio, allergeni non dichiarati).

Problemi di conservazione dovuti a processi incompleti o materiali inadeguati.

Il mercato alimentare italiano: un paradosso di qualità e quantità

L’Italia è riconosciuta a livello mondiale per la qualità del suo settore alimentare. Tuttavia, quando la domanda supera la capacità produttiva, molte aziende si trovano a dover scegliere tra qualità e quantità.

Questa pressione rischia di compromettere i valori che contraddistinguono il mercato italiano: eccellenza, tradizione e sicurezza. Le aziende, nel tentativo di non perdere competitività, accelerano i tempi di produzione o si affidano a fornitori meno controllati, aumentando così il rischio di problemi.

Le conseguenze per i consumatori

I continui richiami alimentari hanno un impatto diretto sui consumatori. La fiducia, elemento chiave nel rapporto con i marchi alimentari, viene messa a dura prova. Inoltre, la ripetitività di questi episodi solleva dubbi sulla sicurezza dei prodotti che acquistiamo quotidianamente.

Cosa possono fare i consumatori per proteggersi?

Informarsi da fonti affidabili.

Prestare attenzione alle comunicazioni ufficiali.

Scegliere marchi che garantiscono trasparenza e qualità.

Un riferimento importante per rimanere aggiornati sui richiami alimentari è il sito del Ministero della Salute, che pubblica regolarmente le liste dei prodotti ritirati.

Consulta qui il sito ufficiale del Ministero della Salute: www.salute.gov.it

Come possono migliorare le aziende?

Per evitare richiami e garantire la qualità, le aziende del settore alimentare devono adottare alcune strategie chiave:
Investire nella tecnologia per migliorare i controlli durante ogni fase della produzione.
Formare adeguatamente il personale su standard di sicurezza e qualità.
Rispettare i tempi di produzione, anche a costo di ridurre i volumi, per garantire un prodotto sicuro e di alta qualità.

Il problema dei richiami alimentari è un chiaro segnale di un sistema sotto pressione. Tuttavia, rappresenta anche un’opportunità per ripensare il mercato, ponendo nuovamente al centro qualità e sicurezza.
I consumatori hanno il diritto di avere accesso a prodotti sicuri e genuini. Allo stesso tempo, le aziende devono fare la loro parte, investendo in processi più sostenibili e trasparenti.
Ricorda: affidati sempre a fonti ufficiali come il sito del Ministero della Salute per rimanere informato e fare acquisti consapevoli.

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Dal calice alla bottiglia : il vino italiano davanti alla sfida del cambiamento

l vino, simbolo della tradizione enogastronomica italiana, è da sempre protagonista sulle tavole del nostro Paese e ambasciatore della qualità italiana nel mondo. Tuttavia, questo settore sta affrontando una crisi profonda, con un calo delle vendite che mette in difficoltà produttori, ristoratori e l’intera filiera. Le cause principali? Nuove normative del Codice della Strada, rincari dei prezzi e cambiamenti nei consumi. Ma quali soluzioni possiamo adottare per rilanciare il vino e preservare questa eccellenza?
Negli ultimi anni, il nuovo Codice della Strada ha introdotto regole più rigide sul consumo di alcol per chi guida. Questo ha portato molti consumatori a ridurre o eliminare il vino dai pasti fuori casa, preferendo magari un solo calice al posto della classica bottiglia.
Un altro fattore è l’aumento dei costi: inflazione e rincari hanno fatto lievitare i prezzi del vino sia nei ristoranti che nei supermercati, rendendolo sempre meno accessibile. Per molte famiglie italiane, costrette a ridurre le spese, il vino è diventato un lusso, spingendole a orientarsi verso prodotti più economici o a rinunciare del tutto.
Una possibile risposta a queste difficoltà potrebbe essere il vino dealcolato, che negli ultimi anni ha trovato mercato soprattutto all’estero. Tuttavia, in Italia questa soluzione fatica a decollare: il vino, nella nostra cultura, è legato a tradizioni profonde, e la sua autenticità è strettamente connessa alle sue caratteristiche naturali, al sapore e alla gradazione alcolica.
Il vino dealcolato, dunque, rischia di essere percepito come un compromesso che non soddisfa né i produttori né i consumatori italiani. Per quanto possa rappresentare un’opzione per alcuni mercati esteri, difficilmente potrà sostituire il vino tradizionale nelle abitudini dei consumatori italiani.
Per rilanciare il settore vinicolo, è necessario adottare strategie innovative e mirate. personalmente ne ho pensate alcune :
1. Servizi di trasporto gratuiti: In collaborazione con i comuni e le associazioni di commercianti, si potrebbero organizzare servizi navetta gratuiti per i clienti dei ristoranti. Questo permetterebbe di incentivare il consumo di vino senza il rischio di violare le normative sul Codice della Strada.
2. Educazione al consumo responsabile: Sensibilizzare i giovani sull’importanza del vino come prodotto di qualità e tradizione può aiutarli a preferirlo rispetto ai superalcolici, spesso più nocivi. Campagne di educazione e degustazioni guidate potrebbero avvicinare le nuove generazioni al mondo del vino, insegnando loro a consumarlo in modo consapevole.
3. Promozione del vino italiano: Incentivare l’acquisto di vino locale, attraverso eventi, fiere e iniziative dedicate al turismo enogastronomico, può aiutare a rafforzare il legame tra i consumatori e le eccellenze del territorio.
La domanda che tutti si pongono è se questa crisi sia destinata a risolversi o se rappresenti un cambiamento definitivo nei consumi. Senza interventi mirati, il rischio è che il vino diventi sempre più un bene di lusso, riservato a pochi. Tuttavia, con il giusto supporto, l’Italia può continuare a essere un punto di riferimento mondiale per il vino, preservandolo come protagonista delle tavole, sia in casa che al ristorante.
Le mie conclusioni :
Il vino è parte integrante della nostra identità culturale e non possiamo permettere che venga messo in secondo piano. Personalmente, ritengo che sia essenziale trovare un equilibrio tra rispetto delle normative e valorizzazione delle tradizioni. Limitare il consumo fuori casa a un calice può essere una soluzione temporanea, ma dobbiamo continuare a sostenere i produttori e promuovere il vino italiano di qualità.
Il vino dealcolato, sebbene abbia un mercato di nicchia, non rappresenta una vera alternativa per l’Italia. Piuttosto, è fondamentale puntare su strategie che rispettino l’essenza del vino, come servizi di trasporto dedicati, campagne educative per i giovani e iniziative per il turismo enogastronomico.
In definitiva, il vino non è solo una bevanda: è cultura, territorio e passione. È un simbolo del nostro passato e una risorsa per il futuro. Sta a noi proteggerlo e garantirgli un posto centrale nella nostra vita quotidiana, preservandone il valore e l’autenticità.
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Burro o margarina ? La scelta che cambia il gusto

Burro, margarina e dolci delle feste: prezzi alle stelle anche dopo Natale 

L’aumento dei prezzi di burro e margarina non si è fermato neanche dopo le festività natalizie, e le conseguenze si fanno sentire su tutta la filiera alimentare, dalla cucina domestica alla pasticceria professionale. I consumatori, già provati dai rincari sui pandori e panettoni durante il Natale, si trovano ora a fare i conti con costi sempre più alti anche per i prodotti quotidiani.

Il burro, da sempre considerato un ingrediente di qualità superiore per la pasticceria, è stato il primo a subire i rincari, con un impatto diretto sul costo finale dei prodotti. Di fronte a questa situazione, molte pasticcerie hanno dovuto compiere scelte difficili: mantenere il burro nei propri prodotti, accettando un aumento dei prezzi per i clienti, o optare per la margarina, un’alternativa più economica ma con un impatto significativo sul gusto e sulla consistenza.

La margarina, infatti, offre una maggiore stabilità nei costi e una resa più economica, ma il suo utilizzo può alterare il sapore finale dei dolci, rendendoli meno ricchi e aromatici. Questa decisione, pur necessaria per molti laboratori artigianali, ha suscitato il malcontento di alcuni clienti più attenti alla qualità. Tuttavia, altre pasticcerie hanno scelto di mantenere il burro come ingrediente principale, assumendosi il rischio di vendere prodotti a prezzi più elevati per non compromettere la loro identità di qualità.

Anche aziende come Mangify, specializzate nella selezione e distribuzione di prodotti alimentari, si trovano a dover affrontare nuove difficoltà. La necessità di essere ancora più precise nella scelta dei fornitori e degli ingredienti si scontra con un mercato sempre più imprevedibile. Mangify deve bilanciare il desiderio di offrire prodotti di qualità con la sostenibilità economica per i propri clienti.

Questa situazione complessa sta spingendo l’azienda a rivalutare le proprie strategie, cercando di identificare fornitori affidabili che possano garantire qualità costante a costi competitivi, senza scendere a compromessi sul gusto e la soddisfazione del consumatore finale.

I rincari non hanno risparmiato neanche i dolci simbolo delle festività. Durante il Natale 2024, il prezzo di pandori e panettoni è aumentato fino al 20%, costringendo molti consumatori a rivedere le loro scelte. Anche dopo le feste, le scorte residue, che di solito venivano vendute a prezzi ribassati, quest’anno risultano meno convenienti.

Con i prezzi di burro e margarina destinati a rimanere alti almeno per i prossimi mesi, il settore alimentare si trova di fronte a una sfida che richiede soluzioni innovative. Pasticcerie, distributori e consumatori sono chiamati a trovare un nuovo equilibrio tra qualità, gusto e sostenibilità economica

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Aumenti generali nel settore alimentare

Gli Aumenti nel Settore Alimentare: Una Sfida per Produttori, Consumatori e il Mercato Dolciario

Negli ultimi anni, il settore alimentare ha subito una serie di trasformazioni significative, causate principalmente dagli aumenti di prezzo che hanno disorientato produttori e consumatori. Le dinamiche di mercato si sono complicate, mettendo a dura prova la stabilità economica di molte aziende e famiglie italiane.

Mangify, una realtà consolidata nella distribuzione dolciaria da cinque anni, è un esempio emblematico di come il mercato sia stato colpito da queste fluttuazioni. Dal 2020, i prezzi dei prodotti di pasticceria hanno subito aumenti costanti, che inizialmente potevano sembrare modesti – come un incremento di 5 centesimi – ma che, moltiplicandosi ogni tre mesi dal 2020 al 2022, hanno creato grande incertezza tra produttori e consumatori.

Un 2023 di Breve Stabilità e Nuove Sfide

Dopo due anni di rincari regolari, il 2023 sembrava offrire una tregua: i prezzi si sono stabilizzati, permettendo a molte aziende di tirare un sospiro di sollievo. Tuttavia, questa calma apparente è stata spezzata negli ultimi mesi dell’anno, proprio sotto le festività natalizie, con nuovi aumenti significativi:

Dal 1° novembre, i prezzi di diversi prodotti dolciari hanno subito un ulteriore incremento.

Dal 1° dicembre, l’aumento si è esteso anche ai prodotti tipici delle festività, come pandori e panettoni, con un rincaro del 20%.

L’impatto di questi aumenti si è fatto sentire soprattutto sulle vendite natalizie, che hanno registrato un lieve calo rispetto agli anni precedenti. Nonostante la qualità dei prodotti e l’impegno delle aziende nel mantenere un rapporto diretto con i clienti, il peso economico per i consumatori è diventato evidente.

Una Prospettiva per il 2025: Incertezze e Timori

Con l’arrivo del 2025, le domande sul futuro del mercato alimentare si fanno sempre più pressanti:

1. Ci saranno nuovi aumenti?
Le dinamiche globali – tra crisi energetiche, inflazione e instabilità economica – fanno presagire che ulteriori rincari potrebbero essere inevitabili.

2. Quale sarà l’impatto sui consumatori?
Con gli stipendi che rimangono invariati, molte famiglie italiane stanno già affrontando difficoltà crescenti nel sostenere il costo della vita. I beni alimentari, che rappresentano una voce essenziale del bilancio familiare, rischiano di diventare un lusso per molti.

3. Quale sarà la risposta del mercato?
I produttori, da parte loro, stanno cercando di bilanciare l’esigenza di mantenere prezzi competitivi con la necessità di garantire margini di profitto. Tuttavia, il ricorso a sconti del 5-20%, come accaduto negli ultimi anni, non sempre è sufficiente per sostenere le vendite in un contesto di continuo aumento dei costi di produzione.

Visitando personalmente i supermercati, emerge un quadro chiaro: i prezzi dei prodotti alimentari sono cresciuti sensibilmente rispetto all’anno precedente. Gli aumenti si riflettono non solo nei prodotti dolciari, ma in tutto il comparto alimentare, aumentando il divario tra ciò che le famiglie possono permettersi e ciò di cui avrebbero realmente bisogno.

Le prospettive per il 2025 rimangono incerte. Per aziende come Mangify, la sfida sarà quella di trovare un equilibrio tra sostenibilità economica e accessibilità per i consumatori. Per le famiglie italiane, invece, la domanda cruciale è: come andare avanti se gli stipendi rimangono invariati e i prezzi continuano a salire?

Nel lungo periodo, sarà fondamentale che istituzioni, produttori e distributori collaborino per affrontare questa crisi. Solo così si potrà garantire un mercato più equo e sostenibile, che rispetti le esigenze di tutti gli attori coinvolti.

Il settore alimentare, e in particolare quello dolciario, si trova di fronte a un bivio. Il 2025 sarà un anno decisivo per determinare le sorti di questo mercato, ma la strada da percorrere non sarà priva di ostacoli. L’unica certezza è che produttori, distributori e consumatori dovranno affrontare insieme queste sfide, cercando soluzioni che possano garantire un futuro più stabile e accessibile per tutti.

 

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Pistacchio : moda passeggera, o eccellenza duratura ?

Non c’è dubbio il motivo per cui mi sono spinta a fare questo articolo e a fare delle ricerche sul pistacchio è solo il mio profondo amore per questo frutto. La mia non è il seguire una moda, ma è una vera dipendenza fin da piccola partendo dalla merenda con gelato: il pistacchio era il mio gusto preferito.

Con il tempo poi uno cresce e inizia ad affinare le esigenze la bustina di pistacchi per una merenda, la granella di pistacchio nei primi piatti, il pesto di pistacchio nei secondi piatti usato al posto della maionese, e nei panini mordi e fuggi , la crema spalmabile nelle brioches, sono ormai presenza costante.

Senza ombra di dubbio non solo a casa mia iniziava ad entrare questo frutto in ogni sua essenza, ma nelle case di tanti italiani diventando sotto tanti punti di vista, un prodotto leader nel settore food e dolciario.

In Italia quello più conosciuto è quello di Bronte coltivato nelle pendici dell’Etna, nella nostra bella Sicilia, riconosciuto anche come prodotto DOP (Denominazione di origine protetta). Attenzione però: per essere sicuri che sia veramente di Bronte bisogna controllare l’etichetta: se c’è la dicitura “Pistacchio Verde di Bronte DOP “ andiamo sul sicuro. La presenza del Pistacchio di Bronte sminuisce però un’altra regione che produce dell’ottimo pistacchio in Italia, ovvero Stigliano in Basilicata. Qui la produzione ha un inizio molto più recente, risale agli anni 90, ma questo non vuol dire che non sia di ottima qualità.

Ho voluto approfondire per capire se fosse moda oppure un’ eccellenza duratura, difficile prevedere, negli anni ho visto costruire dei veri e propri business dietro a realtà che poi col tempo sono sparite, perchè nel mercato arrivano sempre idee nuove, quindi solo il tempo ci racconterà cosa succederà a questo incredibile frutto.

Nelle mie ricerche ho appurato che di recente il pistacchio è diventato una vera e propria icona del food.

Dai gelati alle creme spalmabili, passando per dolci, drink e persino piatti salati,  ma è davvero una moda passeggera o il pistacchio si sta consolidando come uno dei gusti preferiti da molti ?

Inutile negare che il pistacchio sia ai vertici delle classifiche nel panorama gastronomico e che sia oggi un prodotto di punta per molte aziende, diventando così il prodotto “civetta“. Mi piace però sottolineare che i consumatori sono esigenti e si accorgono molto velocemente se li stai ingannando, perchè a volte il troppo business può far cadere una stella.

Come ogni cosa che raggiunge  popolarità,  il rischio è che si abusi del pistacchio. Non tutti i prodotti al pistacchio contengono infatti una quantità significativa del frutto, e spesso aromi artificiali ne alterano il gusto. Questo potrebbe portare a una saturazione del mercato, allontanando i consumatori più attenti.

Una cosa però va detta: nonostante la paura del trend passeggero, il pistacchio ha conquistato tutto il mondo inserendosi in ricette tradizionali, grazie alla sua versatilità in ogni piatto, dall’antipasto ai primi piatti, secondi piatti di carne e pesce, diventando un leader in assoluto nei dolci, senza dimenticare che è ricco di proprietà benefiche, come vitamine, minerali e grassi sani.

Un gusto destinato a restare? Assolutamente si, oggi vive di popolarità, ma il suo successo è radicato in qualità reali, con un sapore unico, una storia antica e una capacità di adattarsi in ogni contesto. Mi piace pensare che rimarrà nel tempo e che continuerà ad essere un’eccellenza italiana conosciuta in tutto il mondo.